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Roma Collection

15.02.2014 10:59

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prima pagina

2013 Overseas Press Club Winners Announced

24.04.2013 17:35

Il prestigioso premio "Robert Capa Gold Medal" è stato assegnato al fotografo italiano Fabio Bucciarelli. Sin dal 1948 l'Overseas Press Club of America ha dato riconoscimento e valore al lavoro di fotografi e fotoreporter impegnati a documentare i maggiori avvenimenti del globo. Le sezioni del premio annuale (che ha visto premiati grandissimi autori quali James Nachtwey, Larry Burrow, Horst Faas e Eugene Smith) sono 4 ed il nostro Fabio si è aggiudicata quella relativa al "miglior reportage fotografico dall'estero, per realizzare il quale siano stati necessari eccezionali doti di coraggio e intraprendenza" con un lavoro intitolato "La battaglia della morte" testimonianza cruda dei conflitti ad Aleppo di fine 2012. Questo riconoscimento pone l'accento su tre fattori non trascurabili:

  1. per veder riconosciuto il merto del proprio lavoro sarebbe opportuno andare al di fuori dei confini nazionali
  2. per vedere pubblicato il proprio lavoro bisogna andare al di fuori dei confini nazionali
  3. tre sezioni su quattro del premio sopracitato sono state aggiudicate grazie a reportage effettuati in teatri di guerra o di estrema miseria umana

Il periodo storico che stiamo attualmente vivendo, non è un mistero, è probabilmente il peggiore che l'occidente industrializzato abbia attraversato negli ultimi decenni. Una crisi economico/finanziaria dura ed all'apparenza refrattaria a qualsiasi tipologia di cura. Un uragano che ha imperversato su uno strato di benessere diffuso che forse viaggiava al di sopra dei propri limiti creando scompensi sociali dificili da livellare. Se un banale raffreddore attacca un soggetto già debole e fiaccato, può trasformarsi in una patologia letale; al contrario, quando il medesimo malanno contagia un individuo forte ed in salute, questi reagisce e supera la malattia dal suo interno grazie ad anticorpi robusti ed efficaci. L'Italia credeva di godere di ottima salute fino a quando la tempesta finanziaria non ha ridestato le sopite debolezze seppellite sotto strati di risibili, fittizie e spericolate conduzioni sociali corroborate da atteggiamenti deprecabili; l'intervento degli anticorpi è rimasto al palo per la manifesta latitanza degli stessi. Sono così riaffiorate ancestrali gravi carenze che illusori fumi di uno sviluppo edificato su terreni zeppi di voragini hanno abilmente nascosto. Tra i molteplici fenomeni specchio di siffatti disagi, conseguenza diretta della inconsistente solidità del nostro sistema, vi è anche quello del disinteresse verso le arti e la cultura, da sempre spina dorsale della nostra civiltà. Sono venute a galla, tanto per fare un esempio, criticità in seno all'editoria colpevole di scarso interesse verso pubblicazioni e servizi qualitativamente accettabili,  con la giustificazione del mancato coinvolgimento di una grande fetta di utenza, la quale al contrario rispedisce le accuse direttamente al mittente reclamando a gran voce produzioni di livello superiore: un cortocircuito con vittima e carnefice che si alternano in uno scambio di ruoli reciproco. Ci troviamo così da un lato con autori di primissimo livello costretti ad esportare le loro qualità in aree maggiormente adeguate alle loro leggittime aspettative e dall'altro con la presenza di un enorme sbarramento che chiude la possibile e potenziale crescita di talenti, frenati da difficoltà oggettive e scoraggiati nel perseguire un cammino professionale aspro e tortuoso. Un duplice effetto di umiliazione e depressione verso la nostra capacità di fare e proporre un determinato tipo di cultura associato ad un diaspora di talenti che esportano le proprie professionalità oltre confine, collocando il loro operato all'interno di dinamiche indipendenti da apparati che ne minerebbero la libertà espressiva. Un giudizio troppo severo?

Voltiamo pagina e parliamo di un altro aspetto (questa volta l'Italia non ha colpe!!) relativo alla diffusione e fruizione della fotografia. Come accennato in precedenza 3/4 dei premi relativi all'Overseas Press Club sono di matrice "tragica", ovvero hanno a soggetto lavori su conflitti e tensioni in luoghi di miseria e sottosviluppo. Chiarisco subito che considero una fortuna ed una necessità l'impegno di coraggiosi professionisti in questi angoli remoti e depressi del pianeta: senza il loro prezioso contributo probabilmente ignoreremmo storie di ordinaria violenza e di disumana prevaricazione. Il problema, di ben altra natura, risiede nella ristrettezza di possibilità offerte dai circuiti mediatici internazionali in merito alla diffusione di ricerche e reportage (nel nostro caso fotografici) di diversa vocazione. Il pertugio è strettissimo e sembra oltrepassabile soltanto da storie intrise di violenza, quasi a scoraggiare qualsiasi altra tipologia di approccio. Rimarcando sempre l'utilita sociale di denuncie che scuotono l'opinione pubblica su temi altrimenti ignorati, credo che andrebbero fatti seri sforzi da parte dei media per disseppellire dalle coscienze comuni attenzioni verso messaggi egualmente importanti. Parlo di ricerche in ambito ambientale piuttosto che rurale o altresì in contesti che rappresentino valori e conquiste positive, di riscatto. Siamo consapevoli che il macabro, la violenza e l'orrore fanno sempre audience ma oltre che informare, la missione, il dovere e la responsabilità degli organi di informazione (tutti!) consiste nell' educare ad interessi molteplici che non siano necessariamente attinenti il lato nero della cronaca. La mia convinzione è che l'eco di una notizia, o il racconto di una storia, con soggetto a sfondo drammatico possa avere maggior risalto ed evidenza come elemento di discontinuità in un contesto di informazione variegato ed eterogeneo.

Ricordando la Kodachrome..

22.04.2013 19:01

Return after 3 weeks Vacation, Great Falls, MO, 27 Jun 1964. ShorpyInventata nel 1935 per un uso prettamente cinematografico grazie all'attività hobbistica di due poliedrici musicisti (Leopold Mannes e Leopold Godowsky jr), la Kodachrome è stata una emulsione che ha rotto schemi consolidati in seno al panorama fotografico dell'epoca. Prima di lei le pellicole più diffuse erano caratterizzate dall'utilizzo del metodo additivo per il processo colore. La Kodachrome fù di fatto la prima invertibile ad utilizzare il metodo sottrattivo partendo da una pellicola multistrato agli alogenuri d'argento. Nel 1936 venne perfezionata una versione 35mm adatta ad un utilizzo fotografico: un cambiamento ed una innovazione epocale che in 75 anni di onorato servizio hanno permesso la conquista del mercato professionale ed amatoriale instaurando un regime di monopolio e consacrando la casa gialla ad icona mondiale della produzione fotografica. Un dominio, quello della Kodachrome dovuto sopratutto a caratteristiche peculiari nella resa dei dettagli unite ad una estrema naturalezza dei colori e ad una eccezionale affidabilità di archiviazione consolidata nel corso degli anni. Il metodo di sintesi sottrattiva e la mancanza degli agenti copulanti, a differenza della maggior parte delle emulsioni presenti sul mercato sino al momento del lancio, richiedeva un processo di sviluppo particolare: il Kodak K-14. Un metodo abbastanza complesso e costoso in quanto i coloranti (non presenti nella pellicola che, lo ricordiamo, era di fatto un supporto in bianco e nero inizialmente a tre strati poi divenuto nella formula definitiva elaborata dai tecnici Kodak a 5 strati) venivano aggiunti in fase di lavorazione in tanti passaggi differenti quanti erano gli strati chimici della pellicola, restringendo la possibilità del trattamento ad un numero relativamente esiguo di laboratori specializzati. Un processo affinato più volte nel corso degli anni passando dall'iniziale K-11 (prendendo il nome dalle varie fasi di lavorazione) fino all'ultimo K-14, nel 1974. Nonostante il maggior costo dell'accoppiata film+sviluppo e malgrado i considerevoli tempi di attesa, la Kodachrome ha regnato praticamente incontrastata, sopratutto nel mondo professionale, iniziando la parabola discendente soltanto negli anni 90, quando hanno fatto la comparsa diapositive di ottima qualità e relativamente economiche grazie a procedimenti di sviluppo (E-6) molto più rapidi, e consumando il suo declino nello scontro con una fotografia digitale sempre più popolare ed in continua ascesa. Grazie alla Kodachrome si è avuta una accelerazione nella transizione dal bianco e nero al colore e riviste del calibro di Life, Time e National Geographic hanno iniziato a pubblicare le prime copertine a colori con risultati fino ad allora inimmaginabili che oggi non sfigurerebbero neanche dinanzi alle più giovani e moderne emulsioni chimiche o al digiltale stesso. I più grandi eventi del 20° secolo sono stati impressionati da questo glorioso film, dal disastro di Hindenburg alla prima ascesa dell'Everest, passando per l'incoronazione della regina Elisabetta II e l'assassinio del presidente Kennedy. L'artista Paul Simon ha addirittura composto un brano in suo onore celebrandone il trionfo dei colori ed associandola idealmente alla gioia di vivere. Nel giugno del 2009 la casa gialla, rafforzando la percezione del suo declino, ha dovuto tagliare la produzione di questa amatissima pellicola dopo un primato di longevità lungo 74 anni. Nel mondo era rimasto soltanto il laboratorio Dwayne’s Photo in Parsons (Kansas, u.s.a.) in grado di garantirne la sviluppo. L'anno successivo l'ultimo rullino venne affidato alle sapienti cure del fotografo Steve McCurry ed il suo sviluppo ha decretato il de profundis dell'unico macchinario rimasto in un laboratorio autorizzato kodak, dell'ultimo rullino Kodachrome e, metaforicamente, del concetto stesso di diapositiva colore relegata  ad una flebile sopravvivenza soltanto grazie alla tenacia di casa Fuji (che ancora ha in listino la Velvia, unica vera antagonista della Kodachrome, a prezzi assolutamente inpopolari ed inproponibili). Chi scrive non ha avuto il piacere di utilizzare la Regina delle diapositive, tuttavia l'eredità e l'alone di leggenda che essa ha lasciato si sono incuneati profondamente negli strati emotivi di coloro che, sottoscritto compreso, amano talmente l'arte fotografica da accettarne con sospetto e riserva le evoluzioni ed i naturali cambiamenti. Razionalmente siamo coscienti che passato, presente e futuro della fotografia sono legati indissolubilmente all'innovazione tecnologica che ne permette tra l'altro la sopravvivenza e la proliferazione. Ma il razionale non sempre alberga nelle nostre coscienze e pensare che oggi la fotografia è sintetizzata da una fredda sequenza di numeri sedimentati all'interno di archivi digitali, ci fa nostalgicamente rimpiangere quel carico di dubbi e aspettative che sopportavamo nell'attesa di ricevere la busta dal laboratorio, degna conclusione di un iter fotografico graduale e compiuto.

 

 

 
 

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Il rigurgito analogico

18.04.2013 16:19

Avevamo accennato alla situzaione in cui versa attualmente la "pratica" fotografica: milioni di apparecchi digital-fotografici venduti ogni anno sono la spia di un cresciuto e continuo interesse per un settore in perpetua evoluzione. Evoluzione che ha inevitabilmente legato la sorte dell "entry level" a quella della telefonia mobile creando un connubbio sempre più saldo ed indissolubile tra fotografia e smartphone di ultima generazione. Questo trend è anche stimolato da artisti di calibro internzaionale che sposano la filosofia fotografico-minimalista intrinseca negli apparecchi di fascia amatoriale, arrivando persino a rafforzare la percezione del loro livello misurabile in modo inversamente proporzionale a quello del medium utilizzato. Restando nell'ambito non professionale, la tendenza ad emulare contestualizzazioni ed atmosfere vintage, raggiunta attraverso un overdose di effetti speciali tanto più diffusi quanto più semplici da utlilizzare, ha portato ad una sorta di "rigurgito analogico". Ricerca esasperata dell'effetto grana tipico delle emulsioni monocromatiche, vignettature spinte al limite, colori artatamente forzati e simulati decadimenti chimici sono solo alcuni dei sintomi (o delle patologie) del fenomeno in voga che, scavando un pò più a fondo, riflette forse una nauseabonda scorpacciata di tecnicismi spacca pixel raggiunti e raggiungibili anche grazie alla facilità di elaborazione post-scatto in camera chiara. Il rischio tuttavia di perdere di vista il punctum focalizzando l'attenzione sull'effetto (instantgram etc.) può far coincidere le due cose, ovvero il punctum diventa l'effetto che , quando non è il risultato di ricerche personali, si propaga con diffusione esponenziale restituendo milioni di foto con il medesimo soggetto: il punctum ovvero l'effetto. Un gioco di parole per dire che, banalmente, la differenza e l'originalità non sono legate al mezzo fotografico bensì alle idee ed alla fantasia di chi vuole raccontare e raccontarsi attraverso la forma espressiva della fotografia. Le nuove tecnologie quando sono utilizzate al servizio della nostra indipendenza individuale sono di grandissimo aiuto e stimolo. Hanno sicuramente un'accessibilita maggiore rispetto alla cara vecchia fotografia chimica e sono altresì più fruibili grazie alla rapidità di diffusione in quelle piazze virtuali stipate da miliardi di internauti in continua crescita e connessione. L'asticella della qualità si è spostata sensibilmente più in alto rispetto al passato, la concorrenza ed il continuo confronto hanno giovato in tal senso ad una consapevole crescita dell'arte fotografica, tuttavia la trappola del conformismo e della stereotipazione è costantemente in attesa di ignare vittime sprovvedute che ineluttabilmete si ritrovano al centro del suo ragio di azione. Poi c'è qualcuno che, timidamente, inizia ad esplorare il mondo analogico e qualcun'altro che medita un mesto ritorno. Ma questa è un'altra storia su cui torneremo.

L'equilibrio

16.04.2013 17:10

 

"..il valore di una fotografia è riconducibile all'irripetibilità del momento. dire fotografia è dire unicità. la forza di ogni singola immagine fotografica assume rilevanza straordinaria nell'istante esatto dello scatto. un attimo vissuto in simbiosi tra fotografo e soggetto. il fruitore diventa spettatore di un evento non ripetibile ma riproducibile all'infinito. la fotografia è una finestra nelle sedimentazioni del tempo, un tunnel nelle stratificazioni del vissuto che riconduce al congelamento di un gesto, un emozione.  la cattura di un'immagine è un evento storico, giacche l'irripetibile diviene passato nell'istante esatto in cui lo si vive..."

partendo e prendendo spunto da questo assunto si intuisce come la fotografia possa rappresentare tra i vari mezzi di comunicazione, quello più adeguato per riallacciare i nodi della memoria verso stili di vita in via d'estinzione. Il vento del progresso ha in se i germi del futuro ma soffiando sulle abitudini, sulle consuetudini e sulle prerogative dei contesti sociali gradualmente edificati "a misura d'uomo", tende a spazzarli via con cinico vigore. Sembra improbabile una coesione ed una coesistenza tra le esigenze specifiche del nostro presente, riscattato ed emancipato da privazioni e "limitazioni" ancestrali, ed un passato inteso come insieme di tradizioni riti e costumi cristallizzati nel tempo e sgretolati dinanzi all'impeto di una globalizzazione e di un multiculturalismo ricettori del nuovo e del diverso a scapito degli autoctoni background culturali. Emerge così in tutta la sua interezza la incapacità di coniugare origini e storia con progresso e futuro. 

Silone diceva che la forza delle dittature risiede nei muscoli e non nel cuore. Oggi la forza muscolare è traslata in alcuni media che, tentando di instaurare una egemonia culturale alimentata dal trash, dal frivolo e dalla fobia per la diversità, si prefiggono il nobile scopo di appiattire le masse intrappolandole su concetti e convinzioni sempre più nazional-populiste.

"Non v'è peggior schiavitù di quella che si ignora" e l'inconsapevolezza è l'humus grazie al quale germogliano i semi del nichilismo.

Le ricette per curare quella che sembra a pieno titolo una patologia possono essere molteplici e tutte di pari efficcia. In questa sede tuttavia vogliamo fare nostra l'idea che si possa (ri)partire dalla pratica/contemplazione/fruizione della fotografia, arte in grado di isolare, congelare, memorizzare e tramandare. Isolare, ovvero allenare l'occhio e la mente ad estrapolare dal quadro complessivo del contesto esaminato una unità di tempo piuttosto che una porzione di spazio, congelando un punto d'interesse al fine di tramandarlo intatto a futura memoria. Conoscere le nostre origini, la nostra storia è propedeutico per una visione critica ed osteggiante verso la prolifica diffusione di messaggi offensivi per le virtù intellettive.

La nostra società sta lentamente marginalizzando il contatto con la Terra. La fascinazione integralista per stili e concetti di vita post-industriali in un' epoca, quella attuale, scollata dalle proprie radici rappresentano l'attuazione di una pozione velenosa che produce effetti socialmente e psicologicamente devastanti. Il progressivo ed inarrestabile distacco dalla sfera dei legami primitivi disintegra l'osmotico equilibrio dualistico uomo-terra, lasciando sul campo macerie umane all'interno di civiltà svuotate. Sistemi sociali imperniati a regole, abitudini e consuetudini edificate su un  fragile terreno franoso. La caotica e confusa rincorsa al benessere materiale ed individuale mina le fondamenta del nostro equilibrio interiore quando viene perseguita deragliando dai binari del rispetto e della tutela del territorio. Non c'è vero progresso senza serenità d'animo e la serenità si consuma e muore ove si recide il cordone ombelicale con la "madre terra".

Tornando alla Fotografia, considerarla e responsabilizzarla tra i possibili mezzi di soccorso, praticandola e fruendola in alcune delle sue svariate declinazioni potrebbe senz'altro contribuire a riallacciare quei nodi con il passato, oltrepassando il muro dell'oblio.

Schiacciati dagli ingranaggi del progresso, in questo modello di sviluppo che brucia risorse ed energie per perseguire  progetti di innovazione privi di controllo, dovremmo assumere comportamenti virtuosi rivisitando completamente l'approccio che ha condotto la nostra civiltà in uno stigmatizzabile difettoso sistema sociale; magari partendo proprio da un diverso rapporto uomo/ambiente, potenziale incipit per ristabilire un equilibrio interiore virtuoso, in grado di fornire adeguati contrappesi all'aggressiva e violenta colonizzazione dell'animale uomo verso il pianeta ospitante. 

Who Art You ? » Artistic Contest Milan

15.04.2013 12:55

 

WHO ART YOU?  è un contest internazionale di fotografia, pittura, scultura e video dedicato ad artisti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, un evento unico che convoglierà artisti, galleristi, giornalisti e critici per creare una vetrina di lancio nel difficile mercato dell’arte. La manifestazione, per il secondo anno consecutivo con il Patrocinio del Comune di Milano, Settore Spettacolo, Moda e Design, per la creatività giovanile, nasce dall’esigenza sempre più impellente di liberare una nuova generazione creativa. Milano è portavoce di talento giovane e fresco, è il luogo dove, mai come prima, si respira la volontà di creare per oltrepassare i confini geografici.

WHO ART YOU?2 sarà una gigantesca collettiva di 60 artisti in un’atmosfera festosa e surreale fatta di percorsi visivi e musicali, tra proiezioni e approfondimenti. Ma soprattutto sarà un momento di scambio interculturale: una vera maratona dell’arte!

Finalità
- favorire la formazione di giovani artisti;
- arricchire il percorso formativo attraverso esperienze di collaborazione e confronto con artisti provenienti da tutto il mondo;
- realizzare un progetto espositivo, concettualmente nuovo perché affiancamento di diverse discipline;
- arricchire il bagaglio relazionale con critici, curatori, galleristi, istituzioni artistiche pubbliche e private italiane e straniere;
- facilitare l’inserimento nel mercato dell’arte.

Squadra Creativa di NOlab e Comitato Scientifico

La Squadra Creativa di NOlab esaminerà tutte le candidature ricevute per scegliere i 60 partecipanti al contest. Il Comitato Scientifico eleggerà i vincitori assoluti di Who Art You?2 tra i partecipanti. Il profilo dei membri del Comitato Scientifico sarà riportato alla voce selezioni.

Oggetto

Il concorso intende essere un’occasione di incontro tra giovani artisti internazionali che avranno la possibilità di scambiare idee e conoscenze nella più totale libertà di espressione individuale. Oltre ad approfondirne la poetica e le metodologie di lavoro, i promotori del progetto si faranno da garanti nei confronti dei talenti in gara, in modo da facilitarli nel prendere contatti con critici, curatori, giornalisti e istituzioni.

L’iniziativa è da considerarsi come evento esclusivo di inserimento nel complesso mercato dell’arte e di apertura di nuovi legami per la vendita e la valutazione delle proprie opere. Who Art You?2 prevede diversi momenti di presentazione alla stampa e agli addetti del settore attraverso un’attenta attività di ufficio stampa e alla realizzazione di una specifica campagna di comunicazione.

 

www.whoartyou.net

 

Le premesse incubano tutti gli ingredienti per un cocktail di successo. Un plauso particolare al comune di Milano per il patrocinio dell'evento; in un periodo difficile come quello attuale mantenere vivo l'interesse verso il mondo delle arti e della cultura è sintomo di sensibilità, lucidità e lungimiranza: investire su giovani talenti oltre che a promuovere e stimolare la creatività genera inevitabilmete un ritorno in termini di immagine, in termini economici ma sopratutto in termini di educazione e formazione a vedute di più ampio respiro, elementi preziosi e fondamentali per provare a tenere il passo con le realtà maggiormente attrezzate oltre il perimetro nazionale. 

 

Lomography Film Photography Day – Film Photography Day 2013

12.04.2013 11:08

Oggi si celebra la giornata mondiale della fotografia analogica con diverse iniziative sparse un pò per tutto il pianeta. Questo grazie all'intensa attività degli adepti di Lomography. Un plauso quindi (al di là della condivisione o non della filosofia che li anima) a chi crede ancora nella fotografia "chimica" anche se in varianti per così dire alternative. Credo che il periodo peggiore per la pellicola sia passato e, dopo l'intensa ubriacatura da digitale, sembra delinearsi un rigurgito vintage sia in nostalgici fotografi attempati sia nelle nuove generazioni nate con i pixel e desiderose di percorrere nuve strade. Speriamo soltanto che le case produttrici se ne rendano conto mettendo in campo iniziative come quelle di Lomography, molto attiva in questo senso, per contribuire a fomentare il desiderio di sperimentazione e di restaurazione. Il digitale ha sovvertito completamente il mondo della fotografia creando nuove opportunita in ambito professionale ed allargando la base amatoriale sopratutto grazie al sodalizio tra fotocamere e smartphone,  un' osmosi che ha contribuito in modo determinante all'utilizzo ed alla diffusione universale del prodotto fotografico. In questo i social network hanno giocato un ruolo determinante stimolando la condivisione istantanea dei contenuti multimediali. Un nuovo modo di concepire quindi l'attività fotografica legato alla velocità di realizzazione e diffusione in linea con le prerogative di dinamicità  e rapidità di questo periodo storico. Da parte mia non ho la certezza che tutto ciò corrisponda ad un innalzamento del livello qualitativo e l'appiattimento generale dei gusti piuttosto che degli stili sembrano esserne un timido segnale. La fotografia analogica di contro è per sua stessa natura maggiormante riflessiva e, nonostante gli sforzi per la produzione di strumenti di acquisizione più veloci e performanti, la sua condivisione segue dinamiche differenti, molto più selettive in considerazione del differente e più medidato approccio già dalla  fase di ripresa sul campo. A livello concettuale ignorare il risultato di uno scatto sino al momento dello sviluppo del rullino porta inevitabilmete il fotografo ad una disamina approfondita della scena ed a una ponderata misurazione e calibrazione delle varie componenti che strutturano l'immagine fotografica. Credo che questo modus operandi possa coadiuvare la crescita tecnica, condizione sine qua non per praticare qualsiasi tipo di linguaggio fotografico. Il discorso molto più complesso di quanto sembri, meriterebbe una analisi maggiormente approfondita. Mi riservo di tornare sull'argomento per tentare di ampliarne la visione e considerarne aspetti e sfumature non ancora  affrontate.

Buon Film Photography Day 

Ernesto Fantozzi

11.04.2013 14:15

In italia durante il periodo del boom economico si sono verificate trasformazioni sociali che hanno cambiato il volto della nazione ed hanno consolidato le basi su cui poggia l'attuale sistema/paese. Il solito sud in affanno che genera flussi migratori verso il ricettivo nord industrializzato e in piena fase di sviluppo. Un nord italia che viaggia a vele spiegate verso una radicale conversione economica capace di sovvertire l'aspetto di intere porzioni di territorio assoggettate al mantra dello sviluppo industriale. Sono anni ricchi di fermento anche sotto il profilo culturale. I grandi nomi della fotografia documentano le vicende quotidiane con eccelsa maestria producendo testimonianze lucide su fatti di rilevanza nazionale. Scavando un pò più a fondo tuttavia abbiamo la possibilità di intercettare figure parallele al mainstream artistico e culturale, costituite da esponenti di spicco dei movimenti amatoriali dilettantistici. Il confine tra dilettante e professionista non è mai stato tanto labile come nel caso di Ernesto Fantozzi. Le foto di Cinisello Balsamo ad esempio, volutamente posizionate al di fuori dei circuiti della retorica, interpretano quel neorealismo capace di restituire aspetti della società e del quotidiano diretti ed immediati, senza precostituzioni di sorta. Un racconto per immagini privo di enfasi e con l'unico scopo di congelare frammenti di dinamiche sociali puri e semplici. Non sono foto urlate e non contengono elementi di "eccezionalità" ma trasmettono pacatamente un senso di normalità che capta il cuore prima della testa. Le passeggiate domenicali suggerite dall'eleganza degli abiti indossati, abiti che determinano anche l'appartenenza a classi sociali eterogenne, gli ampi spazi non ancora invasi dalla motorizzazione di massa, i bar, i bimbi che possono ancora andare a scuola da soli, i primi tentativi di cementificazione confusa e disordinata, tipico segnale di un mutamento repentino e disomogeneo del territorio. Usi e costumi di pezzi d'Italia differenti che sono agli albori di un complesso processo di convergenza forse mai completamente perfezionato.

https://www.mufoco.org

Non sappiamo più guardare

10.04.2013 12:09

 

Giorni fa sono andato al luna park con mio figlio. Per quelli della mia generazione questa sorta di paese dei balocchi ambulante ha rappresentato momenti di autentica allegria e di smisurata euforia: la sua presenza confermava e leggittimava la festa di turno. Oggi questi carrozzoni itineranti sono sempre meno attesi ed attorno a loro non aleggia più quell'atmosfera di magia che li caratterizzava.

La società nel frattempo è mutata a velocità esponenziale raggiungendo traguardi importantissimi non senza contraddizioni e sopratutto con fenomeni collatelari estremamente dolorosi. Oggi la crisi economico/finanziaria occupa le prime pagine costantemente, interrotta nel suo protagonismo dalla ancora più grave crisi politica ed entrambe danno la fotografia di questa società logora nelle sue viscere. Siamo incazzati, siamo delusi, siamo stressati siamo sempre con lo sguardo rivolto verso la clessidra del tempo che detta i nostri ritmi proiettandoli in modelli di vita sempre più distanti dal nostro intimo sentire. Una deriva collettiva alla quale siamo incapaci di reagire poichè non la percepiamo come  elemento tossico ed autodistruttivo bensi come apparente spinta verso il benessere. Ci stiamo adattando ad una idea di società  che è in antitesi con le prerogative che l'hanno edificata: un sistema di regole e comportamenti da cucire addosso a l'uomo e non viceversa. 

La magia che da fanciulli ci ipnotizzava facendoci sentire al centro del migliore dei mondi immaginabili non era, parafrasando Proust, nel Luna Park ma nei nostri occhi innocenti. Oggi siamo adulti e non sappiamo più guardare alla semplicità, abbiamo bisogno di stimoli diversi e nel perseguirli calpestiamo noi stessi.

Los Muralistas: diego Rivera

07.04.2013 15:44

Diego Rivera (1887-1957) figlio di un maestro di scuola, fin da piccolo fu considerato un bambino prodigio. Adolescente si dedica agli studi artistici sentendosi attratto dall'arte tradizionale pre-colombiana, all'età di ventuno con una borsa di studi triennale si reca in Spagna, Italia, Belgio Olanda, Inghilterra, quando si trova in Francia si accosta al cubismo, ai fauve, al futurismo per poi tornare in patria dove, legato da comuni ideali sociali ma da differenti espressioni artistiche, assieme a Siqueiros e Orozco, darà vita a quella che sarà considerata la più grande espressione muralista dell' epoca, affrescando chilometri e chilometri di pareti.

fonte: https://www.mexicoart.it/ita/rivera.htm

 Avere l'opportunità di poter contribuire, su incarico delle pubbliche istituzioni, al decoro artistico degli spazi urbani è un risultato dalla portata straordinaria: da un lato esalta e valorizza l'opera artistica rendendola fruibile ed accessibile a chiunque dall'altro conferisce un' impronta caratteristica ed unica al luogo in cui viene integrata mettendo l'opera d'arte al servizio della società civile e viceversa. 

I murales a cui ci riferiamo sono stati eseguiti su commissione agli inizi del secolo scorso, in Messico. Oggi sarebbe impossibile soltanto immaginare un qualcosa di simile nel nostro paese se non per iniziativa privata...

Questi capolavori dell'arte muralista raccontano meglio di mille parole la storia e le origini di un popolo, tra lotte, lavoro, povertà, emancipazioni e conquiste esaltandone la dignità  e la bellezza nel perimetro di spettacolari scenari rurali. Un connubbio tra armonia delle forme e sapiente mescolanza dei colori, capace di restituire malinconiche atmosfere di sofferenza  e semplicità, quando l'uomo e la terra erano legati a doppio filo in un legame indissolubile.

 

 

la rivincita

07.04.2013 09:41

la rivincitaÈ in atto una guerra e siamo tutti abili ed arruolati. Forse non ne siamo coscienti, ma tant'è: siamo in trincea. Lo sontro è tra noi esseri umani e la natura (una guerra intestina essendo noi stessi prodotto della natura). Un conflitto iniziato agli albori delle civiltà, quando noi umini abbiamo preso coscienza delle doti intellettive in nostro possesso asservendole a nobili scopi "evolutivi". Pietra dopo pietra, mattone dopo mattone abbiamo edificato città ed infrastrutture dapprima a nostra misura e poi, lasciandoci prendere la mano, in proporzioni troppo grandi per non diventarne schiavi. Nel frattempo Madre Natura,  sorniona padrona di casa, ha lasciato che la nostra iniziativa facesse il suo corso osservandoci con attenzione mentre affilava le armi per le contromisure a sua difesa e le contromosse a nostra offensiva. È cosi che le opere di matrice umana, lasciate in disuso, venivano lentamente riassorbite (non senza effetti collaterali) ed in qualche modo amalgamate dal nostro avversario grazie ad una sua capacità intrinseca per noi inimitabile. Ma (c'è sempre un ma) una Madre violentata dai propri figli e ferita nel proprio intimo non può non rispondere con altrettanta violenza utilizzando in modo chirurgico le bombe innescate dalla propria prole. Oggi ci scopriamo a piangere tra le macerie contando le nostre perdite, respirando a fatica ed accumulando ulteriore rabbia; perseveriamo tuttavia nel prendere contromisure detonatrici per potenziali nuove offensive alimentando un circolo vizioso dagli effetti potenzialmente peggiori di quelli pronosticabili.  

 

la rivincita

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