2013 Overseas Press Club Winners Announced

24.04.2013 17:35

Il prestigioso premio "Robert Capa Gold Medal" è stato assegnato al fotografo italiano Fabio Bucciarelli. Sin dal 1948 l'Overseas Press Club of America ha dato riconoscimento e valore al lavoro di fotografi e fotoreporter impegnati a documentare i maggiori avvenimenti del globo. Le sezioni del premio annuale (che ha visto premiati grandissimi autori quali James Nachtwey, Larry Burrow, Horst Faas e Eugene Smith) sono 4 ed il nostro Fabio si è aggiudicata quella relativa al "miglior reportage fotografico dall'estero, per realizzare il quale siano stati necessari eccezionali doti di coraggio e intraprendenza" con un lavoro intitolato "La battaglia della morte" testimonianza cruda dei conflitti ad Aleppo di fine 2012. Questo riconoscimento pone l'accento su tre fattori non trascurabili:

  1. per veder riconosciuto il merto del proprio lavoro sarebbe opportuno andare al di fuori dei confini nazionali
  2. per vedere pubblicato il proprio lavoro bisogna andare al di fuori dei confini nazionali
  3. tre sezioni su quattro del premio sopracitato sono state aggiudicate grazie a reportage effettuati in teatri di guerra o di estrema miseria umana

Il periodo storico che stiamo attualmente vivendo, non è un mistero, è probabilmente il peggiore che l'occidente industrializzato abbia attraversato negli ultimi decenni. Una crisi economico/finanziaria dura ed all'apparenza refrattaria a qualsiasi tipologia di cura. Un uragano che ha imperversato su uno strato di benessere diffuso che forse viaggiava al di sopra dei propri limiti creando scompensi sociali dificili da livellare. Se un banale raffreddore attacca un soggetto già debole e fiaccato, può trasformarsi in una patologia letale; al contrario, quando il medesimo malanno contagia un individuo forte ed in salute, questi reagisce e supera la malattia dal suo interno grazie ad anticorpi robusti ed efficaci. L'Italia credeva di godere di ottima salute fino a quando la tempesta finanziaria non ha ridestato le sopite debolezze seppellite sotto strati di risibili, fittizie e spericolate conduzioni sociali corroborate da atteggiamenti deprecabili; l'intervento degli anticorpi è rimasto al palo per la manifesta latitanza degli stessi. Sono così riaffiorate ancestrali gravi carenze che illusori fumi di uno sviluppo edificato su terreni zeppi di voragini hanno abilmente nascosto. Tra i molteplici fenomeni specchio di siffatti disagi, conseguenza diretta della inconsistente solidità del nostro sistema, vi è anche quello del disinteresse verso le arti e la cultura, da sempre spina dorsale della nostra civiltà. Sono venute a galla, tanto per fare un esempio, criticità in seno all'editoria colpevole di scarso interesse verso pubblicazioni e servizi qualitativamente accettabili,  con la giustificazione del mancato coinvolgimento di una grande fetta di utenza, la quale al contrario rispedisce le accuse direttamente al mittente reclamando a gran voce produzioni di livello superiore: un cortocircuito con vittima e carnefice che si alternano in uno scambio di ruoli reciproco. Ci troviamo così da un lato con autori di primissimo livello costretti ad esportare le loro qualità in aree maggiormente adeguate alle loro leggittime aspettative e dall'altro con la presenza di un enorme sbarramento che chiude la possibile e potenziale crescita di talenti, frenati da difficoltà oggettive e scoraggiati nel perseguire un cammino professionale aspro e tortuoso. Un duplice effetto di umiliazione e depressione verso la nostra capacità di fare e proporre un determinato tipo di cultura associato ad un diaspora di talenti che esportano le proprie professionalità oltre confine, collocando il loro operato all'interno di dinamiche indipendenti da apparati che ne minerebbero la libertà espressiva. Un giudizio troppo severo?

Voltiamo pagina e parliamo di un altro aspetto (questa volta l'Italia non ha colpe!!) relativo alla diffusione e fruizione della fotografia. Come accennato in precedenza 3/4 dei premi relativi all'Overseas Press Club sono di matrice "tragica", ovvero hanno a soggetto lavori su conflitti e tensioni in luoghi di miseria e sottosviluppo. Chiarisco subito che considero una fortuna ed una necessità l'impegno di coraggiosi professionisti in questi angoli remoti e depressi del pianeta: senza il loro prezioso contributo probabilmente ignoreremmo storie di ordinaria violenza e di disumana prevaricazione. Il problema, di ben altra natura, risiede nella ristrettezza di possibilità offerte dai circuiti mediatici internazionali in merito alla diffusione di ricerche e reportage (nel nostro caso fotografici) di diversa vocazione. Il pertugio è strettissimo e sembra oltrepassabile soltanto da storie intrise di violenza, quasi a scoraggiare qualsiasi altra tipologia di approccio. Rimarcando sempre l'utilita sociale di denuncie che scuotono l'opinione pubblica su temi altrimenti ignorati, credo che andrebbero fatti seri sforzi da parte dei media per disseppellire dalle coscienze comuni attenzioni verso messaggi egualmente importanti. Parlo di ricerche in ambito ambientale piuttosto che rurale o altresì in contesti che rappresentino valori e conquiste positive, di riscatto. Siamo consapevoli che il macabro, la violenza e l'orrore fanno sempre audience ma oltre che informare, la missione, il dovere e la responsabilità degli organi di informazione (tutti!) consiste nell' educare ad interessi molteplici che non siano necessariamente attinenti il lato nero della cronaca. La mia convinzione è che l'eco di una notizia, o il racconto di una storia, con soggetto a sfondo drammatico possa avere maggior risalto ed evidenza come elemento di discontinuità in un contesto di informazione variegato ed eterogeneo.

2013 Overseas Press Club Winners Announced

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