L'equilibrio

16.04.2013 17:10

"..il valore di una fotografia è riconducibile all'irripetibilità del momento. dire fotografia è dire unicità. la forza di ogni singola immagine fotografica assume rilevanza straordinaria nell'istante esatto dello scatto. un attimo vissuto in simbiosi tra fotografo e soggetto. il fruitore diventa spettatore di un evento non ripetibile ma riproducibile all'infinito. la fotografia è una finestra nelle sedimentazioni del tempo, un tunnel nelle stratificazioni del vissuto che riconduce al congelamento di un gesto, un emozione.  la cattura di un'immagine è un evento storico, giacche l'irripetibile diviene passato nell'istante esatto in cui lo si vive..."

partendo e prendendo spunto da questo assunto si intuisce come la fotografia possa rappresentare tra i vari mezzi di comunicazione, quello più adeguato per riallacciare i nodi della memoria verso stili di vita in via d'estinzione. Il vento del progresso ha in se i germi del futuro ma soffiando sulle abitudini, sulle consuetudini e sulle prerogative dei contesti sociali gradualmente edificati "a misura d'uomo", tende a spazzarli via con cinico vigore. Sembra improbabile una coesione ed una coesistenza tra le esigenze specifiche del nostro presente, riscattato ed emancipato da privazioni e "limitazioni" ancestrali, ed un passato inteso come insieme di tradizioni riti e costumi cristallizzati nel tempo e sgretolati dinanzi all'impeto di una globalizzazione e di un multiculturalismo ricettori del nuovo e del diverso a scapito degli autoctoni background culturali. Emerge così in tutta la sua interezza la incapacità di coniugare origini e storia con progresso e futuro. 

Silone diceva che la forza delle dittature risiede nei muscoli e non nel cuore. Oggi la forza muscolare è traslata in alcuni media che, tentando di instaurare una egemonia culturale alimentata dal trash, dal frivolo e dalla fobia per la diversità, si prefiggono il nobile scopo di appiattire le masse intrappolandole su concetti e convinzioni sempre più nazional-populiste.

"Non v'è peggior schiavitù di quella che si ignora" e l'inconsapevolezza è l'humus grazie al quale germogliano i semi del nichilismo.

Le ricette per curare quella che sembra a pieno titolo una patologia possono essere molteplici e tutte di pari efficcia. In questa sede tuttavia vogliamo fare nostra l'idea che si possa (ri)partire dalla pratica/contemplazione/fruizione della fotografia, arte in grado di isolare, congelare, memorizzare e tramandare. Isolare, ovvero allenare l'occhio e la mente ad estrapolare dal quadro complessivo del contesto esaminato una unità di tempo piuttosto che una porzione di spazio, congelando un punto d'interesse al fine di tramandarlo intatto a futura memoria. Conoscere le nostre origini, la nostra storia è propedeutico per una visione critica ed osteggiante verso la prolifica diffusione di messaggi offensivi per le virtù intellettive.

La nostra società sta lentamente marginalizzando il contatto con la Terra. La fascinazione integralista per stili e concetti di vita post-industriali in un' epoca, quella attuale, scollata dalle proprie radici rappresentano l'attuazione di una pozione velenosa che produce effetti socialmente e psicologicamente devastanti. Il progressivo ed inarrestabile distacco dalla sfera dei legami primitivi disintegra l'osmotico equilibrio dualistico uomo-terra, lasciando sul campo macerie umane all'interno di civiltà svuotate. Sistemi sociali imperniati a regole, abitudini e consuetudini edificate su un  fragile terreno franoso. La caotica e confusa rincorsa al benessere materiale ed individuale mina le fondamenta del nostro equilibrio interiore quando viene perseguita deragliando dai binari del rispetto e della tutela del territorio. Non c'è vero progresso senza serenità d'animo e la serenità si consuma e muore ove si recide il cordone ombelicale con la "madre terra".

Tornando alla Fotografia, considerarla e responsabilizzarla tra i possibili mezzi di soccorso, praticandola e fruendola in alcune delle sue svariate declinazioni potrebbe senz'altro contribuire a riallacciare quei nodi con il passato, oltrepassando il muro dell'oblio.

Schiacciati dagli ingranaggi del progresso, in questo modello di sviluppo che brucia risorse ed energie per perseguire  progetti di innovazione privi di controllo, dovremmo assumere comportamenti virtuosi rivisitando completamente l'approccio che ha condotto la nostra civiltà in uno stigmatizzabile difettoso sistema sociale; magari partendo proprio da un diverso rapporto uomo/ambiente, potenziale incipit per ristabilire un equilibrio interiore virtuoso, in grado di fornire adeguati contrappesi all'aggressiva e violenta colonizzazione dell'animale uomo verso il pianeta ospitante. 

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