Le nuvole non chiedono permesso

04.04.2013 19:36

 

Primo Premio Tagete 2008, sezione narrativa
3° migliaio di copie
Dalla Patagonia all’Alaska, a piedi, in treno o in corriera. Cento giorni zaino in spalla e in compagnia di se stesso, portandosi dietro il bagaglio leggero di tante domande.
Un viaggio inatteso, perché inattesa è anche la figura del viaggiatore: uomo di istituzioni, politico di lunga esperienza, nell’immenso continente americano Tito Barbini cerca una nuova leggerezza e nuove ragioni.
 
Un libro che è allo stesso tempo diario di viaggio e reportage, riflessione politica e indagine esistenziale. E l’America delle madri di Plaza de Mayo, dei minatori boliviani, delle tante etnie indios, l’America che si sta aprendo a un’imprevista speranza di riscatto e giustizia, sa essere molto generosa: di emozioni, stimoli, idee, per un ritorno a casa che sia anche una nuova stagione di impegno.
 
 
Invidia. Ovvero il primo sentimento che ha suscitato in me la lettura di questo libro: invidia verso chi da una momentanea difficoltà a saputo tirar fuori il massimo in termini esperienza e forza di volontà. Un viaggio lungo le due Americhe senza forzature, senza tempistiche predefinite; soltanto una grande voglia di esplorarsi esplorando un mondo che nell’immaginario intimo dell’autore ha rappresentato la massima espressione degli ideali abbracciati sin dalla gioventù. Un America vera, sincera, commovente e a tratti agghiacciante, percorsa sempre con i piedi piantati bene a terra, cogliendo le sfumature graduali dei luoghi visitati nella loro interezza.
Un libro che riesce a toccare le corde più sensibili di chi ha assaporato il senso della sconfitta.
 
 
 

Le nuvole non chiedono permesso

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